Arte del Bonsai: origini storiche e significato culturale
di Paola Belli
“Un albero di dimensioni naturali che viene lasciato crescere nel suo stato naturale è cosa comune. E’ solo quando è mantenuto vicino agli esseri umani che lo modellano con amorevole cura che la sua forma e lo stile acquistano la capacità di cambiare/spostarsi”
(Murasaki Shikibu: la storia di Genji 980 d.c.)
In queste parole di una donna romanziera c’è la risposta a cosa è un bonsai: un albero non comune perché tenuto vicino agli esseri umani che lo modellano con amore e cura, così che l’albero acquista la proprietà di muoversi con loro e di cambiare forma.
Abituati ad incontrare il bonsai sui banchi del supermercato o in bar ed altri negozi, ed a considerarlo l’emblema del Giappone, come il sushi, possiamo sussultare di sorpresa a scoprire che i nostri piccoli alberi hanno una storia più che millenaria, che sono stati sempre l’ombra degli uomini che li hanno curati e che sono alberi molto onorevoli da far vivere accanto a noi e ben al di là della nostra vita.
Un’altra sorpresa può essere la loro “origine” in India un po’ di millenni fa e il loro sicuro legame con la spiritualità dell’Oriente così diversa dalla nostra: è la pratica buddista, la Via dello Yoga, che si interessa agli alberi nanizzati che in natura resistono al tempo ed alle intemperie assumendo le forme di posizioni dello Yoga, o lettere dell’alfabeto, o animali fantastici incarnazione della forza della vita, come il drago.
E sarà proprio il Giappone con la “religione” shintoista che creerà il bonsai più completo. Pur accogliendo dalla Cina buddista le sue piccole piante in vaso o i suoi paesaggi su incensieri destinati a bruciare incenso accanto al Budda, il Giappone ha nella natura il suo testo sacro, e l’uomo ha la sua purezza nel contatto con la natura di cui lui fa parte come le pietre e le piante.
Le piccole piante allora sono unione con il Divino ma anche una concentrazione della forza vitale che supera la vita umana e protegge l’uomo. I giapponesi mettono i bonsai nello spazio sacro tra la loro casa e la natura esterna, a protezione e guardia.
Anche nel Giappone moderno di Tokyo e dei grandi magazzini i bonsai sono posti in luoghi di passaggio, sulla soglia, a protezione, accanto a scale mobili. Ed i Bonsai si tramandano per generazioni e generazioni.
Con l’industrializzazione del 1800 è stata necessaria una codificazione degli stili, per stabilire prezzi equi del mercato di queste piante: sono gli stili che ancora oggi si trovano in qualsiasi volumetto sull’argomento, a scopa rovesciata, inclinato, a cascata…
Nella realtà, dentro e fuori il Giappone si distinguono molti modi di coltivazione del bonsai, dal più rapido, che permette in 2-3 anni di avere una piantina a poco prezzo da vendere nei supermercati, a quello tradizionale della scuola di grandi maestri che lavorano piante importanti, a quello dei bonsaisti che in tutto il mondo ormai seguono maestri e accolgono insegnamenti per avere piante bonsai durante l’arco di qualche decennio. Esiste ancora quello tradizionale che segue la pianta durante la sua crescita e la lascerà, non ancora maturo bonsai, ai suoi discendenti.
Per tutti i bonsai, anche quelli industriali, la prima necessità è l’accudimento quasi giornaliero. Per tutti coloro che l’accudiscono oltre ad una tecnica, variabile a seconda dello scopo, è necessario quello che dice Murasaki Shikibu: non solo i passi per guardarli, annaffiarli o concimarli ma passi amorevoli per amarli ed essere amati dalla vita che li pervade.