Prunus mahaleb

di Sergio Bassi

Mi è stato chiesto di scrivere la storia di questo Prunus mahaleb.

Lo faccio volentieri non per insegnare niente a nessuno, ma da una parte ci tengo anch’io a far conoscere i problemi che ho affrontato sperando che possano servire ad altri per risolvere i loro, magari con altre piante simili. Come dicevo si tratta di un Prunus mahaleb o Ciliegio canino (…e mi fermo qui), Raccolto in natura nelle Marche, l’anno della sua prima vegetazione con me è stato nel 2015 la lavorazione descritta è stata eseguita nel dicembre 2020.

Come spesso succede con i Prunus, quando è ripartito non ha vegetato in modo radiale, molte grosse radici non sono ripartite e di conseguenza sono seccati anche grossi rami. In questo caso ha mantenuto solo una piccola parte di vivo.

A questo punto avevo due soluzioni: o scavare tutto lasciando solo la parte dove c’era il ramo, oppure lasciare tutta la parte secca ed avere solo un ramo come parte viva. Ho pensato che a togliere siamo sempre a tempo ed ho optato per la seconda soluzione.

A questo punto dovevo capire come preservarla nel tempo, perché è risaputo che il legno a contatto con il terreno marcisce velocemente.

Apro una parentesi: nel lontano 1995 a Pescia dal Franchi ospitarono Masaiko Kimura e all’epoca, pur avendo intrapreso da poco la strada del bonsai, domandai a Kimura come facevano in Giappone a preservare il legno secco che rimaneva SOTTO TERRA. L’interprete dopo aver ascoltato la risposta di Masaiko mi disse: loro in Giappone hanno una macchinetta… la risposta è perlomeno curiosa… chiusa parentesi.

Come vediamo la parte bassa cominciava già ad avere problemi, dovevo intervenire prima possibile.

Preparazione della parte radicale Preparazione della parte radicale Preparazione della parte radicale Preparazione della parte radicale Preparazione della parte radicale
Preparazione della parte radicale

A pianta ferma, nel periodo invernale svasai la pianta, levai tutta la terra che era a contatto con il legno morto, poi come fanno vedere le immagini, avvolsi le radici buone in un sacchetto sia perché asciugando non seccassero, sia per proteggerle bene per tutto il tempo della lavorazione, perché non sarebbero bastate poche ore ma giorni.


Protezione della parte viva ai possibili danni che la sabbiatura poteva creare

A questo punto ho pulito tutto il legno da trattare, soprattutto quello che affondava nel terreno, con spazzole a mano e spazzole d’acciaio montate su frese, togliendo tutto quello che ritenevo più a rischio marcescenza fino a lasciare solo quello più solido. Ho rifinito al meglio delle mie possibilità il legno rimanente, cercando di non lasciare segni di artificiosità sempre sgradevoli ma che fosse più naturale possibile.

Apro un’altra parentesi: ho sentito una frase che più o meno recita “fare i lavori di scultura è semplice, basta togliere tutto quello che c’è in più” e questo è facile, il difficile per noi è renderlo naturale. Alla fine ho rifinito tutto con la sabbiatrice.


Dalla sabbiatura alla pulizia del legno dalla polvere

A questo punto dovevo scegliere i prodotti per trattare il legno affinché fosse protetto al meglio. Ho cercato e domandato ma non ho trovato nessuna informazione specifica come se fossi il primo ad avere questo problema, ovviamente non è così. Vagliando le mie esigue informazioni ho preso una decisione, ho cosparso tutto il legno con il liquido per jin (solfuro di calcio) puro, una volta asciutto l’ho spazzolato leggermente e poi ho dato una seconda mano.

 
Stesura del liquido per jin

Una volta asciutto gli ho dato il paraloid (consolidante per legno) ancora per due volte. Il legno sottoterra marcirà ancora, ma avrò due/tre anni a disposizione prima di ripetere l’operazione SOPRATTUTTO SOTTO TERRA.


Fronte e retro dopo il rinvaso


Dettagli e risultato finale

Le mie osservazioni finali sono:

  • Sul momento l’aspetto non era proprio naturale perché sembrava leggermente plastificato, ma l’esposizione agli agenti atmosferici come pioggia e sole ha migliorato tantissimo la situazione e non si nota più niente.
  • Come si vede dalle foto, la parte viva, quindi anche le radici, sono davvero poche, ma sufficienti a far vivere la poca parte verde, ma questo mi permette di usare un vaso bonsai molto piccolo senza temere per la vita della pianta.

Spero che la mia esperienza possa essere di aiuto a coloro che hanno problem simili.